5 Dicembre 2013
BATTAGLIA DI NATALE SCEGLI L’ITALIA

Migliaia di agricoltori hanno sfilato IL 4 DICEMBRE  per le vie di Reggio Emilia per difendere il vero made in italy , mentre altri migliaia di  imprenditori agricoli da tutta Italia hanno iniziato un presidio al valico del Brennero  per verificare camion frigo, autobotti, container e smascherare il made in Italy “tarocco” diretto sulle tavole italiane in vista del Natale all’insaputa dei consumatori per la mancanza di una normativa chiara sull’obbligo di indicare l’origine degli alimenti. Il Presidio salva Italia si è esteso il giorno successivo IN PIAZZA  a Montecitorio
Perché Coldiretti ha deciso di intraprendere una mobilitazione così massiccia?
L’agroalimentare rappresenta il 17% del Pil nazionale, con un valore complessivo di oltre 266 miliardi di euro, di cui oltre 53 miliardi provengono dal settore agricolo. Il Made in Italy agroalimentare è la leva strategica ed esclusiva affinché il nostro Paese possa competere sui mercati nazionali ed internazionali  con una produzione di beni e servizi ad alto valore aggiunto, arricchito da fattori come ambiente, cultura e storia che distinguono il marchio Italia e che sono inimitabili.
La nostra agricoltura si rivela in tale modello di sviluppo doppiamente strategica in quanto naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale e premessa per uno sviluppo sostenibile. E’ già dimostrato che il successo dell’agroalimentare italiano nel mondo e l’accreditamento attribuito al marchio Italia non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante (+7,1% nei primi mesi del 2013) e il valore record dell’export (stimabile a 34 miliardi per quest’anno), e che potrebbe addirittura triplicare se non vi fossero gli ormai noti fenomeni di imitazione e pirateria commerciale. Il fatturato del falso Made in Italy nel mondo ha superato i 60 miliardi e sottrae al nostro Paese 300 mila posti di lavoro.
Alla perdita di opportunità economiche e occupazionali si somma il danno provocato all’immagine dei prodotti italiani, soprattutto nei mercati emergenti, dove spesso il falso è piu’ diffuso del vero e condiziona, quindi, negativamente le aspettative dei consumatori.
In Italia non si riesce ancora a tutelare il patrimonio nazionale agroalimentare, che come espressione dell’identità culturale dei territori rappresenta un bene collettivo per lo sviluppo dell’intero Paese, ed a garantire i cittadini-consumatori rispetto ad una sana alimentazione ed a scelte di acquisto consapevoli.
Manca da parte della politica nazionale e comunitaria un’operazione coraggiosa di verità, giustizia e legalità.
Con la crescente circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che in realtà non possiedono, rischiamo una vera e propria svendita della nostra economia basata sull’inganno ai consumatori e sulla concorrenza sleale a basso costo di produzione ma ad alto onere ambientale e sociale, ed a scapito, non di rado, della stessa sicurezza  alimentare. 
In questo contesto, l’Europa deve svolgere un ruolo centrale, affrancandosi da interessi lobbistici e dall’imperativo della libera concorrenza, per essere Europa dei popoli e  non degli egoismi, difendendo e valorizzando le diverse identità nazionali. Coldiretti unitamente alle migliaia di imprenditori  chiedono  una presa di posizione chiara del Governo italiano per l’attuazione della legge nazionale per l’etichettatura obbligatoria degli alimenti, e della Commissione europea che entro il 13 dicembre deve decidere sulla “opportunità” in Europa dell’applicazione del regolamento sull’indicazione di origine (Reg 1169/2011/CE) che è fermo dal 2011”.
IN SINTESI LE RICHIESTE DI COLDIRETTI

  • Il ministero della Salute renda pubbliche le aziende importatrici
  • Nei centri di stagionatura dei prosciutti le cosce importate vengano lavorate in stabilimenti separati perché all’uscita non diventino tutti salumi italiani
  • Attuare la legge nazionale e comunitaria che prevede l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei maiali
  • Rendere operativa la legge che vieta pratiche di commercio sleale, tali da permettere di pagare agli allevatori meno di quanto essi spendono per produrre.
  • Bloccare ogni finanziamento pubblico ad imprese dell’industria alimentare che danneggiano la competitività nazionale.

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