Se il Parmigiano Reggiano è il prodotto italiano più falsificato nel mondo, il motivo forse va cercato all’interno dello stesso Consorzio di tutela che più che difendere la tipicità del formaggio alfiere del made in Italy sulle tavole mondiali, sta invece dando forti spallate alla sua trasparenza.
E’ quanto affermano le Coldiretti di Parma, Reggio Emilia e Modena, alla luce del nuovo arresto del direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Riccardi Deserti, arresto che la dirigenza del Consorzio ha passato sotto silenzio senza nemmeno cercare un po’ di chiarezza in una vicenda a dir poco opaca.
Di fronte a questa situazione Coldiretti ha deciso di porre 5 domande per il futuro del Consorzio:
• Cosa sta succedendo esattamente nel consorzio del Parmigiano Reggiano?
• Quando sarà possibile avere una governance trasparente?
• Quando verranno tagliati i ponti con i nebbiosi arcipelaghi di produttori di similgrana concorrenti del Parmigiano?
• Dove sono finti oggi coloro che attaccavano Coldiretti quando difendeva il vero Parmigiano?
• Quando le centrali cooperative ci ridaranno un consorzio pulito, al di sopra di ogni sospetto?
Dopo aver assistito all’appoggio della governance del Consorzio alla costruzione di un mega-magazzino di formaggi, tentativo strisciante di creare una centrale di stagionatura di similgrana proprio nel regno del Parmigiano Reggiano – commenta Coldiretti – adesso ci troviamo di fronte all’omertà dei dirigenti che nascondono agli associati le indagini della magistratura sul direttore generale.
I vertici del Consorzio, massimi esponenti delle centrali cooperative (ad esempio: il presidente Giuseppe Alai è presidente della Confcooperative di Reggio Emilia) dovrebbero avere – sottolinea Coldiretti – il dovere morale di assicurare la massima trasparenza a tutela del buon nome del prodotto e delle centinaia di imprenditori che con il loro lavoro assicurano la qualità del vero Parmigiano Reggiano. Purtroppo in questo momento tutto viene poco eticamente gestito nelle segrete stanze dove vengono prese decisioni oscurantiste che gettano discredito sulla tipicità del “Re dei Formaggi”.
In tutta la vicenda – conclude Coldiretti – non bisogna dimenticare che solo nell’ultimo anno le importazioni di formaggi similgrana dall’Ungheria hanno raggiunto ben 2,7 milioni di chilogrammi, pari al 10% del totale delle importazioni, e che proprio in Ungheria opera la Magyar, industria casearia, di proprietà di una società italiana a sua volta partecipata da Itaca Società Cooperativa il cui presidente è stato fino all’inizio dell’anno scorso proprio Giuseppe Alai, presidente de Consorzio Parmigiano, che si è dimesso dopo la denuncia di Coldiretti.